Il cappotto del turco di Cristina Comencini
Racconta gli anni ’70 attraverso le esperienze private, in un momento in cui al privato veniva dato poco valore. Appare un mondo di sentimenti forti, l’idea di una politica che inglobava tutto, grandi possibilità di incontri con mondi diversi e lo scontro delle ideologie con la realtà. Un periodo della nostra storia che mi ha sempre particolarmente interessato. Sullo sfondo di quegli anni è centrale il rapporto tra le protagoniste, due sorelle, Maria e Isabella che rappresentano due modi opposti di intendere la vita, la prima riflessiva e razionale, la seconda temeraria, sventata e affascinante, ma con una inguaribile fragilità. Personaggi non scontati, descritti con uno stile introspettivo che rende bene gli alti e i bassi degli umori e le sfumature delle personalità. Un rapporto fatto di amore e tensioni, di cose non dette, di cose dette in modo sbagliato, di conflitti in tempi di pace e ricongiungimenti nel momento del bisogno. Sorelle spesso distanti anche nello spazio, ma legate da un filo invisibile che non si stacca mai, rappresentato dal cappotto del turco.
Quegli anni politici, gli anni della nostra giovinezza, non hanno cambiato profondamente il corso della mia vita. Mi sembrano lontani, vuote le parole. Volevamo calzare il mondo in un'idea vecchia di un secolo. Altre in giro non c'erano. Ma molti sentimenti di allora sono rimasti vivi, integri dentro di me... Mi piace sentire che non tolgo niente a nessuno, che la vita è di tutti.