Pistoia e la lingua dell'Italia unita

 

“Si lamentano tutti della difficoltà che presenta loro la lingua, e non cessano, anche i più sommi, di ripetere che spesse volte si trovano in angustie non sapendo se la tal parola si usi o non si usi. Però pregano tutti a mani giunte i Toscani a voler dar loro un vocabolario della lingua parlata attualmente; onde questo sia loro di norma nello scrivere le opere in lingua famigliare, e così gli levi da quella mortale incertezza, in cui troppo di sovente si trovano”.
Così scriveva Atto Vannucci nel 1837 parlando delle difficoltà linguistiche dei letterati non toscani, e il richiamo al “vocabolario della lingua parlata attualmente” e allo “scrivere le opere in lingua famigliare” dimostra che nell'ambiente culturale pistoiese, si avvertiva già l'esigenza di superare la frattura tipica della tradizione letteraria italiana tra lingua parlata e lingua scritta per arrivare a una lingua comune a tutti gli italiani.
Già un suo compaesano, Lorenzo Nesi, nel 1824, aveva pubblicato un Dizionario ortologico-pratico della lingua italiana, che ebbe almeno otto edizioni, l'ultima nel 1857 quando l'autore era morto da quasi dieci anni. Un Dizionario che rappresenta un notevole progresso rispetto a quelli precedenti, in quanto è in assoluto il primo che si propone di indicare, mediante accenti e altro, l'esatta pronuncia delle parole. Esempio che sarà poi seguito da tutti i vocabolari della nostra lingua.
E fu un altro pistoiese, Pietro Fanfani, che non si limitò a criticare l'edizione del vocabolario della Crusca che si stava compilando con i vecchi metodi (edizione peraltro sospesa), ma che, nel 1855, pubblicò egli stesso un Vocabolario della lingua italiana che ebbe larga diffusione e ristampe. In questa opera, per primo, accanto alle citazioni letterarie, espose, parole e frasi tratte dalla lingua parlata.
Per arrivare, infine, al Nòvo dizionàrio universale della lingua italiana di Policarpo Petrocchi, che, uscito a Milano per l'editore Treves prima in dispense (1884-1890) e poi in due volumi (1891), raccolse e sviluppò tutte queste istanze portandole a piena maturazione e diventando, per circa cinquant'anni il vocabolario di tutti di italiani.
Già questi tre dizionari costituiscono un consistente contributo pistoiese alla formazione della lingua dell'Italia unita, ad essi bisogna aggiungere anche l'importante lavoro di altri studiosi come, per esempio, Giuseppe Arcangeli, e lo stesso Atto Vannucci che collaborarono all'edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca e Gherardo Nerucci che per primo raccolse un vocabolario del vernacolo toscano.Gli studiosi pistoiesi hanno avuto quindi grande rilievo nella formazione della lingua dell’Italia unita.
E’ per ricordare e valorizzare questo contributo che nasce il convegno “Pistoia e la lingua dell’Italia unita", convegno il cui contenuto è profondamente legato a quello della mostra "La città che scrive", visitabile in Biblioteca Forteguerriana fino al 17 dicembre 2017.

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