Ritratto in piedi di Gianna Manzini

 

Chi di noi non ha reticenza o pudore nel "fare i conti" con la memoria (o la presenza) del proprio padre? E' un'esperienza che si ripete nelle vite di tutti, ma se il padre è l'anarchico Manzini e se a confrontarsi con la sua memoria è la figlia Gianna, allora questo comune esercizio della coscienza si traduce in pagine di alta letteratura che chiunque ami immergersi nelle profondità del ricordo dovrebbe leggere. E poi, per i pistoiesi, c'è la città di oltre un secolo fa della quale emergono nomi di vie e piazze, nomi di persone (il notaio Bellinzoni, la sarta Pezzi Luigia...), un corteo di anarchici che sfila tra le vie cittadine, il passeggio al tramonto con le ragazze da marito due passi avanti alle mamme e alle zie, l'odore del glicine "versato a torrenti" da ogni terrazza,... 

Che città, a quei tempi, Pistoia: viatici, funerali, campane a morto, campane a festa, fanfare, bisbigli, bisbigli, bisbigli; e monti bellissimi, turchini, a cingerla da est a ovest, alitando, quella pungevolezza d'aria odorosa, un frizzo incitante; e venditori ambulanti: "Bollenti che fumano...: chi ne mangia uno, ne mangia due..." e mendicanti sullo zoccolo di monumenti equestri, o sui gradini delle chiese. Uno, Cianino, passava il lunedì; era piccolo come un vecchio bimbo ridente. Ripeteva, il mio babbo: "Finché esisterà un solo mendicante...." Vecchia frase? Frase fatta? Ma il suo ardore era nuovo; e intatta la sua fede: "... nessuno avrà il diritto d'essere felice"

 

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